Sono cinque comandamenti di natura morale, concepiti però non come astratti imperativi, ma come i primi momenti di un processo di purificazione psico-fisica. Essi infatti non mirano semplicemente a proibire determinate azioni, ma piuttosto a eliminare lo stesso istinto che determina questi comportamenti. Secondo Patanjali le astinenze sono: non violenza (ahimsa), veridicià (satya), onestà (asteya), castità (brahmacarya), non possesso (aparigraha).
OsservanzeSono cinque osservanze attraverso cui lo yogin progredisce nella realizzazione di una moralità di ordine superiore, maturando un distacco sempre più profondo da tutti gli aspetti che caratterizzano la vita quotidiana. Essi comprendono: la purezza sia esteriore sia interiore (sauca), la contentezza (samtosa), l’ascesi (tapas), il leggere fra sè (svadhyaya) e la dedizione totale al Signore (Isvara- pranidhana).
PosizioneE’ il terzo membro dello Yoga e consiste in una postura stabile e comoda. Il suo scopo è il progressivo rallentamento dell’attività mentale: l’asana infatti è perfettamente realizzato quando, cessato ogni sforzo per eseguirlo, la presenza del corpo non è quasi più avvertita e la mente può agevolmente concentrarsi sull’infinito (ananta). Negli asana è richiesto un allenamento specifico tanto sul piano fisico quanto su quello mentale. La pratica degli asana purifica il corpo, lo rinforza, riduce le tensioni, conduce ad un superamento dei conflitti. I movimenti lenti, ben controllati, abbinati alla respirazione corretta, spingono la mente a mantenersi vigile, attenta a concentrarsi sull’azione,senza perdersi in distrazioni.
ControlloSignifica letteralmente controllo del soffio vitale. Questo controllo consapevole viene attuato disciplinando la respirazione e permette di padroneggiare l’attività biologica dell’organismo e di sperimentare gli stati mentali che da essa dipendono. Il pranayama, che al limite coincide con l’interruzione del ritmo respiratorio, e provoca il rallentamento delle funzioni vitali e dell’attività dei sensi, dà allo yogin la facoltà di rendere la propria mente libera da qualunque stimolo esterno.
Consiste nella facoltà di liberare l’attività sensoriale dall’influenza degli oggetti esterni; è il riposo simultaneo di tutte le attività dei sensi. In pratyahara si impara a distaccarsi temporaneamente dal mondo e dalle attività esterne, per poter stabilire un contatto interiore con il proprio corpo e con il proprio respiro.
Il conseguimento di questa facoltà, esaurisce la fase esteriore o psico-fisica di questa ascesi. I successivi progressi saranno di ordine strettamente spirituale e consisteranno nella realizzazione degli ultimi tre membri interiori (antar-anga) collettivamente indicati con l’espressione samyana (veicolo, disciplina), per sottolineare che si tratta di tre successivi momenti di un identico processo.Essi sono nell’ordine: dharana, dhyana, samadhi
Consiste, nella fissazione del pensiero in un solo punto. Nel corso di questo esercizio la mente è unicamente consapevole dell’oggetto su cui si fissa e i sensi, non essendo più in contatto con i propri oggetti, cessano di svolgere le loro ordinarie funzioni, facendo quindi progredire il praticante sulla via dell’arresto delle funzioni mentali cui aspira l’intero sistema di Patanjali.
MeditazioneSi raggiunge quando lo yogin, partendo dalla concentrazione, cioè fissando la mente su un unico oggetto, riesce a mantenere questo stato mentale indefinitamente e senza interruzioni. La natura dell’oggetto su cui fissare la mente è, in un certo senso, irrilevante ai fini del buon esito di queste tecniche, dal momento che il loro scopo inziale è l’unificazione di un’attività mentale normalmente dinamica e deconcentrata.
EnstasiSi raggiunge quando infine la contemplazione è così profonda da oscurare l’autocoscienza del meditante, facendogli perdere la nozione della differenza tra sè e l’oggetto contemplato. L’enstasi è l’unificazione del sè individuale col Sè supremo, quando sono scomparse tutte le formazioni mentali.